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Data astrale 20176.0

c'è voluto molto più tempo del lecito e sono stato sordo alle vostre richieste (finora) ma, che ci crediate o meno, ecco il seguito ... abbiate venia ... la voglia, necessità e desiderio di (ri)condividere con voi è stata per (troppo) tempo messa in disparte dai cambiamenti occorsi, ma è tornata alla luce del sole ...
vi abbraccio
 
13 giugno San Romao de Retorta-Melide

Il picchiettio delle gocce d’acqua sulle foglie delle chiome degli alberi del fitto bosco, mi traghetta dal sonno alla veglia. Apro gli occhi e sono di nuovo nella casetta di Bancaneve (che per mia fortuna non c’è perché non è che mi sia stata mai molto simpatica con quel suo essere così svenevole), con i Sette Nani già usciti ai primi lucori dell’alba e quindi da solo. L’aria sa di resina di pino, mi affaccio e vedo un paesaggio brumoso ed incantato, deserto come solo alcuni posti magici possono essere, quelli fatti per ascoltare il mondo e la propria anima, quelli in cui chi ha bisogno di riempire il silenzio con un continuo ciarlare si sente perso e smarrito, mentre invece io espando ogni terminazione nervosa per assorbire tutto quanto posso, perché è un peccato limitarsi ad utilizzare solo un paio di sensi.

Non so che ore siano ma non ha la minima importanza, è abbastanza presto per accompagnarsi al risveglio della terra ma non troppo tardi per riprendere a camminare di fretta. Quindi assaporo ogni istante, come se potessi visualizzare il passare del tempo su delle immaginarie lancette di un orologio cosmico e, con la semplice forza di volontà, fermarle creando una distorsione spazio-temporale di questo qui e ora che è non fugacità o carpe diem ma la sublimazione di un istante perfetto come ce ne sono pochi nella vita.

Mi vesto, rifaccio con cura lo zaino, dopo che come in ogni sosta è esploso come una granata, e metto la mantella in cima a tutto, vedi mai che serva … esco dall’alberghe chiudendomi la porta alle spalle e porto la chiave al bar come da istruzioni dell’hospitalero e già che ci sono, vorrei fare colazione ma le merendine incellofanate non sono granché appealing e mi limito ad un caffè giusto per riaccendere tutti i relais e mi avvio come Bobby Mac Ferrin che nella testa mi ricorda che “In every life we have some trouble, But when you worry you make it double Don't worry, be happy, Don't worry, be happy now”. Come non dargli ragione, mentre gli scarponi calpestano la calzada romana facendomi realizzare di essere un romano che cammina su una strada costruita da romani per raggiungere gli angoli del mondo, il basolato sembra quello della Via Appia e nel mio passo baldanzoso del primo mattino riecheggiano gli echi delle centurie.
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Come non dare ragione a Mac Ferrin dicevo, quando ti viene concessa (o te la sei guadagnata arrivando fino qui?) la possibilità di camminare da solo, tu i tuoi pensieri e il mondo, sospeso nel tempo, una vita dietro di te, una vita davanti a te, rimettendo tutto in relazione e dando ad ogni cosa il giusto valore. Dont’ worry, Be Happy! appunto.

E ancor più happy divento quando dopo pochi chilometri arrivo al La Ferreira dove il bar è chiuso ma il Privado Casa da Ponte è aperto e mi accoglie per una colazione con al C maiuscola. Tostado a gogo, sumo de naranja, caffè, sigaretta/e, lettura della guida, vita da Cammino. Mentre desino, arriva il “gruppo di italiani” che avevo visto ieri a San Romao e che mi “accompagnerà” per un paio di giorni, anche se non scambieremo una parola, dandomi un’ulteriore occasione di riflessione e consapevolezza ma soprattutto la chiara e definitiva evidenza di cosa sono e voglio essere io e di quanto questo mi distacchi/distaccherà dalla massa.

Riparto, se possibile ancor più carico di quanto non fossi nei primi chilometri di questa giornata, ma neanche dieci passi e inizia a piovere tutto quello che l'Asturia mi aveva risparmiato, sosta per mettere su la mantella e si prosegue in quella che sarà la giornata più bagnata del mio cammino. Tanto torrida e arida, con le debite conseguenze, era stata la salita al Fonfaraon e Puerto de Palo, tanto bagnata senza tregua è questa tappa in cui la pioggia mi accompagnerà fin quasi a Melide, insegnandomi che sul Cammino, come nella vita, non puoi controllare tutto, il tempo climatico men che meno, e quindi l’unica risposta è l’adattamento, la resistenza, la pazienza e la pervicacia e, che non fa mai male, una bella capacità di sopportazione. Primitivo questo Cammino in tutti i sensi, perché il primo nella storia, perché il mio primo, ma anche perché ruvido, implacabile, solitario e sfidante, impossibile resistergli, impossibile stargli lontano, impossibile non farlo. Anche se conosco ormai le sue asperità, i suoi dolori, le sue fatiche, in fondo ai miei pensieri c’è un cicalino che trilla e dice “andrebbe rifatto di nuovo …”. Pensieri, altri pensieri, sempre pensieri, talmente tanti che servirebbe un catalogo per metterli in fila e non perdersi nel rincorrerli.

E intanto continua a venire giù come se il cielo avesse deciso di svuotarsi, a secchiate, a cortine d’acqua. Il Cammino alterna strade asfaltate, pezzi di sentiero, pezzi di strada romana (grandiose le tecniche edili degli ingegneri di Roma Imperiale per cui la calzada drena l’acqua perfettamente mentre le moderne strade asfaltate si trasformano in delta fluviali con pozze che ci potresti passare in barca). Ad un incrocio in cui c'è un piccolo riparo ritrovo il “gruppo di italiani” alcuni a mettere la mantella altri che aprono ombrellini da borsa, sulle spalle zainetti che al massimo contengono un pacchetto di sigarette, il cellulare e la trousse per il trucco. Saluto (in inglese) e tiro dritto. Un po di arroganza non credo che mi lascerà mai, ammesso e non concesso che, arrivato dove sono e nel modo in cui ci sono, avessi ancora “bisogno” di pensare a come stravolgere me stresso.

Arrivo ad As Seixas dove il bar è aperto, la proprietaria però dice che sta chiudendo per correre a casa ad allattare la figlia piccola e poi sarebbe tornata, tomo al volo due succhi di frutta un cafe y leche e una bottiglia d'acqua (già so che salterò il pranzo) e mi accomodo nel patio per una bella sosta nella, vana, speranza che possa smettere o almeno diminuire la pioggia. Vana speranza appunto, perché dopo quasi un’ora, le cataratte del cielo continuano ad essere spalancate e non mi resta che ripartire, tanto acqua per acqua, sempre bagnato sono. Me ne vado sorridendo e mi godo la camminata lungo la Sierra de Carreon sotto un'acqua che dio la manda, in un prsieguo senza soluzione di continuità del paesaggio nrumoso di stamattina, sospeso tra cielo e terra, con le nuvole a farmi da mantella, e io, ormai bagnato dentro quanto fuori, tra quelle nuvole passeggio in uno stato di grazia come pochi “I'm singin' in the rain, Just singin' in the rain, What a glorious feelin', I'm happy again. I'm laughing at clouds., So dark up above, The sun's in my heart, And I'm ready for love”.

Acqua, acqua, acqua, al punto da non capire più dove finisce la pioggia ed inizia il sudore, la mantella trasformata in una membrana cellulare che separa due mondi liquidi. Cammino incurante di tutto, mosso, spinto, alimentato da un sole interiore che buca qualsiasi nuvola, pensieri felici mi fanno volare come i bimbi sperduti nell'isola che non c'è, la pioggia lava via tutte le lacrime versate lasciandomi limpio, colorato e vitale come il mondo che attraverso con passo felpato, ormai dimentico dei dolori fisici che a forza di testate ho respinto al mittente.
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Arrivo sull'ultimo contrafforte del Carreon e mi volto a guardare la successione di monti alle mie spalle indietro fino al principio di questo Cammino, quelli che ho attraversato, su cui ho sudato e patito, che mi hano purificato come un fuoco per lasciare di me solo quello che conta e che non si può distruggere e sono fiero di averli percorsi. I pensieri corrono avanti, i chilometri scorrono indietro, mi avvicino a Santiago, vorrei quasi rallentare il passo per far durare di più questi momenti, ma dopo Santiago c'è casa, l'amore, l'affetto di quelli che mi sono stati al fianco anche se da lontano, consapevoli di quel che stavo facendo e per questo silenti nelle loro preoccupazioni, e vorrei anche correre da loro per mostrargli cosa è successo. Ma ogni cosa al suo tempo e mentre scendo gli ultimi chilometri verso Melide, esce il sole che mi asciuga e mi scalda, quasi a darmi il benvenuto sul Francese, un'altra esperienza, un altro Cammino di cui per ora colgo un assaggio ma che già mi urla nella testa, perché il lavoro è appena cominciato.

well done so far buddy ...
 
Ultima modifica:
Uh uh uh primoooo primooo
Primo ad esserne godereccio
Ultimo giorno di spiaggia
Dilemma:
- fare il bagno
- leggerti?
Non ho dubbi ;)
c'è voluto molto più tempo del lecito e sono stato sordo alle vostre richieste (finora) ma, che ci crediate o meno, ecco il seguito ... abbiate venia ... la voglia, necessità e desiderio di (ri)condividere con voi è stata per (troppo) tempo messa in disparte dai cambiamenti occorsi, ma è tornata alla luce del sole ...
vi abbraccio
 
Bene esatto
Il PRIMITIVO Deve essere rifatto (l’ho pensato anche io) tu motivo in più che devi provar la variante senza scendere a Melide ;)


Il francese
Aaaaaa il francese , e si
Lo so che nella vita se vuoi puoi far tutto (si lo so eccome) però probabilmente ora è così, il lavoro appena cominciato, come dici tu, probabilmente ora ha altre strade, il francese lo vivo come la ciliegina da mettere al momento giusto sulla torta.
 
Bene esatto
Il PRIMITIVO Deve essere rifatto (l’ho pensato anche io) tu motivo in più che devi provar la variante senza scendere a Melide ;)
i miei compagni di cammino che l'hanno fatta si sono persi irrimediabilmente :rolleyes:

Il francese
Aaaaaa il francese , e si
Lo so che nella vita se vuoi puoi far tutto (si lo so eccome) però probabilmente ora è così, il lavoro appena cominciato, come dici tu, probabilmente ora ha altre strade, il francese lo vivo come la ciliegina da mettere al momento giusto sulla torta.

per il francese a me servono delle condizioni che al momento non ci sono, so di dire un'eresia ma tra tutti è quello che mi attira meno, forse perchè me lo immagino "incasinato" e "contaminato" ....
quello che ha inziato a chiamarmi ora è ancora in solitaria, per tornare sul Primitivo è ancora presto e quindi ho pensato al Sanabrese ...
 
Ultima modifica:
Bello che hai ripreso da dove ti eri fermato così possiamo camminare al tuo fianco di nuovo. Grazie Robi!
 
Ben tornato, io sono tra quelli che ogni tanto ti ricordava che c'era un'incompiuta... Ma comprendo che tutti i cambiamenti che hai fatto ti hanno rubato tempo

Ben tornato Robi

Edo
 
Bello che hai ripreso da dove ti eri fermato così possiamo camminare al tuo fianco di nuovo. Grazie Robi!
Grazie Fulvia, il pensiero di dover finire insieme a voi è sempre stato nella mia mente è finalmente ora sono in condizione di completarlo
Un abbraccio
Rob
 
Ben tornato, io sono tra quelli che ogni tanto ti ricordava che c'era un'incompiuta... Ma comprendo che tutti i cambiamenti che hai fatto ti hanno rubato tempo

Ben tornato Robi

Edo
Grazie Edo, mi sento un po’ “figliol prodigo” :)
Il “bello” di “andar via” sono le emozioni che si provano nel tornare ...
Un abbraccio
Rob
 
ho l'impressione che la prosa e la narrazione non scorrano come nelle tappe precedenti, è passato un po di tempo e tanta acqua sotto il ponte e sicuramente sono un po cambiato, però spero che vi trasmetta lo stesso quello che ho provato
in qualsiasi caso, chiedo venia :)
 
14 giugno Melide-Salceda

Ieri sera arrivando a Melide, il contrasto non avrebbe potuto essere più stridente. Nell'Albergue Municipal mi sono sentito frastornato dal numero di persone considerando che il giorno prima eravamo in quattro a San Romao. Qui c'è gente che ha fatto centinaia e centinaia di chilometri, la stanchezza è materiale, io mi sono sentito un nano al confronto, come se avessi portato fuori il cane, ma poi ho ripensato alle montagne e un po' mi sono consolato.

Trovata una branda al primo piano, sistemate le cose, fatta una doccia, sono uscito per fare un giro e mi sono fermato un po di tempo nella chiesetta di San Pedro in Plaza Convento. Sembra che tra le cose a cui questo Cammino mi sta portando ci sia una rinnovata, per non dire nuova, necessità di spiritualità e religiosità, ho passato più tempo nelle chiese in questi quattordici giorni che nei precedenti quattordici anni. Ma per il momento questi pensieri li parcheggio in un angolo perché ci sarà tempo in futuro.

Uscito dalla chiesetta, ho passeggiato per la cittadina ma senza troppo entusiasmo. Difficile condividere uno stato d’animo preciso. Sicuramente essere tornato in mezzo ad aggregazioni umane con più di dieci persone per volta potrebbe essere considerato piacevole, quasi necessario per l’equilibrio psicofisico, eppure la nostalgia per le distese inabitate, i sentieri persi in boschi con un che di primordiale, le ore, ore, ore, spese camminando unico compagno dei miei pensieri, si fa acuta e palpabile, quasi fosse ormai la solitudine diventata una seconda natura. Mi tornano in mente pensieri fatti mentre mi avvicinavo a Sant’Eulalia, “la solitudine è diventata una parte inseparabile di me che, come l'ombra di Peter Pan, mi segue ovunque. Io l'ho assorbita, elevandola da desiderio, prima di partire, a necessità, compagna di viaggio, madre, amica, sorella. Ti ci puoi appoggiare tanto è materiale, ci puoi scivolare dentro nei momenti cupi, farti spingere in quelli di esaltazione, lei assorbe tutto, conserva tutto, restituisce tutto, inclusa quell'immagine di te stesso che lei ti ha aiutato a depurare, pulire e distillare negli interminabili chilometri in cui ti sparava contro le tue contraddizioni”.

Mi sono fermato ad un bar, ho bevuto una clara, chiamato Alfie perché, oltre non volerlo far preoccupare, avevo bisogno, voglia, desiderio di sentire la sua voce, cenato con Terry e Annamaria e per raccontarne i dettagli servirebbe un altro diario, sono tornato all’albergue e perso conoscenza.

I rumori dei pellegrini “francesati” mi svegliano dalle parti dell’alba. Anche in questo percepisco delle differenze. Anche i risvegli sul Primitivo sono una questione individuale, con una dimensione quasi intima, pochissimo o nessun rumore, passi felpati, movimenti accorti, mentre qui c’è più camraderie, rumori, parole, si sente che molte persone sono in cammino da tanto e da tanto con altre persone, c’è energia nell’aria, energia condivisa, distribuita, diffusa, quando sul Primitivo c’era energia personale, individuale, ricerca di risorse nel proprio intimo.

Come che sia sia, mi alzo, mi vesto e si parte. L’uscita dall’albergue è come un incrocio semaforico, quasi tocca aspettare che finisca un’ondata di pellegrini per inserirsi nel flusso della corrente. Mi avvio con il mio solito passo, la caviglia, sebbene addomesticata e riportata a più miti consigli dalla cruenta lotta intercorsa tra me e l’altro me, ancora si fa sentire e comunque ormai non c’è più fretta anche se devo confessare che essere in mezzo a cotanta moltitudine genera effetti contrastanti. Da un lato non sono più concentrato e attento a quello che mi circonda, i paesaggi, pur bellissimi, della Galizia poco possono al confronto con la leggiadria e imponenza di quelli Asturiani, e ricordano quasi le passeggiate nei boschi vicino casa. Dall’altro, è impossibile non percepire l’energia che c’è su questo Cammino. Non che sul Primitivo non ce ne fosse altrettanta, ma, come detto, prima, è diversa, più solitaria mentre qui è diffusa. Ed accade una metamorfosi, tutta l'energia che ho imparato ad estrarre e distillare dal mondo circostante e da me stesso nelle giornate asturiane, entra in sincronia con la corrente che sottende e permea quest'ultima parte di Cammino sul Frances creando una miscela esplosiva. Senza accorgermene, accelero il passo, non sento più la caviglia dolorante, oppure la caviglia si è arresa all’evidenza ed ha smesso di dolorare, e procedo spedito, macino, chilometri, supero persone, mi sembra di non essere più io a camminare, mi sento come una barca con 30 nodi di vento, i polmoni le vele, le braccia scotte di randa e genoa, le gambe timone e deriva, e nessuna onda mi ferma più.
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Poi torno in me, devo impormi di rallentare, devo fare soste, altrimenti rischio di tirare dritto fino a Santiago stasera e quindi inizio a fermarmi ad un punto di ristoro ogni tre, mi mangio un gelato, mi bevo una coca, osservo questa moltitudine intorno a me, stranieri e sconosciuti, tutti diretti verso la medesima meta ognuno con uno scopo, un motivo, una ragione diversa oppure senza nessuno dei tre.

Entro ad Arzua, ormai il cellulare ed il gps riposano in tasca da ore perché è impossibile perdersi, flechas amarilla tappezzano marciapiedi e muri e se anche non ci fossero o non si vedessero basterebbe seguire il flusso dei pellegrini che, come un fiume impetuoso in primavera, scorre senza sosta, continuamente, fluido anche se fatto di singoli individui.

Sulla piazza principale penso che sia il momento di fare una delle tante pause che costellano questa giornata e mi siedo su una panchina, mi giro e chi ti vedo … Nick, lasciato a Sant’Eulalia e arrivato qui con la variante di Sobrado, che mi racconta come tutta l’acqua che ho preso io ieri loro l’hanno subita in mezzo ai boschi, su sentieri non segnati, senza o con pochissimi segnali. Sembra stanco ma al contempo felice e soddisfatto, ma anche contento di essere tornato sul percorso principale. Mangiamo insieme un bocadillo e ripartiamo, inizialmente camminando affiancati e chiacchierando come tra Berducedo e La Mesa, ma dopo un paio di chilometri lo lascio andare avanti, perché va bene che oggi sono carico e vado spedito ma i miei tronchetti nulla possono con le sue lunghe leve. Restiamo d’accordo che avrebbe provato a trovare un albergue lungo la via e nel caso mi avrebbe texted sul cellulare.

Riprendendo il mio cammino, il mio sguardo e la mia attenzione si posano sui “compagni” di viaggio. Gente di tutte le etnie, fattezze, stati fisici, stati emozionali, singoli, gruppi, famiglie, il Frances è un altro cammino rispetto al Primitivo, non meglio, non peggio, solo diverso e per questo unico come ogni cammino.
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To sail on a dream on a crystal clear ocean, To ride on the crest of a wild raging storm, To work in the service of life and living, In search of the answers to the questions unknown, canta John Denver nelle mie orecchie, mentre io infilo un passo dietro l’altro, su un percorso ormai divenuto praticamente tutto in piano su cui le mie gambe possono soffrire di stanchezza ma non di inadeguatezza.

Nick texta, tutto a posto. Ho perso il senso del tempo, è ancora giorno ma non so che ore siano, cammino come se non fossi capace d’altro e probabilmente ormai è così, finché non arrivo all’albergue a Salceda, altre quattro case buttate a caso ai lati della carrozzabile, dove mi registro, salgo nella camera a quattro letti (wow) e trovo anche Manfed, disfo lo zaino e scendo a fare una doccia (con idromassaggio secondo wow) e poi sdraiarmi nella sala comune a bere una birra.

C’è un bel po di gente, non ero più abituato ma non ci vuole molto ad entrare nello spirito. Lingue diverse, idioma da cammino, si incrociano e raccontato storie. Anche io nel mio piccolo posso ormai vantare una “quasi-storia” e mentre la racconto, perché sul Cammino non esiste che non chiedi a chiunque da dove arrivi, prendo atto che andare a Santiago con il Primitivo suscita ammirazione negli altri pellegrini, e mi fa tornare in mente una cosa accaduta a Fonsagrada e di cui non avevo più scritto. Messa delle 20, al termine della liturgia il parroco resta anziché andare via e chiama i pellegrini presenti per una benedizione. Il momento è particolare, anche per me, ma quello che più mi ha commosso e riempito il cuore è stato il gesto di riconoscimento pubblico del pellegrinaggio attraverso una preghiera semplice ed efficace e parole di conforto e sostegno altrettanto dirette e immediate. Quando quello che stai facendo esce dalla tua sferra personale, dall'intimità in cui è nato e dall'orizzonte individuale con cui lo stai vivendo, ti rendi conto che fare il Cammino non è solo e unicamente un tuo affare ma ha e può avere influenza anche sugli altri.

Passerei ore ad ascoltare ma è ora di cena, Nick e Manfred scalpitano per andare al bar tienda di fronte e, ovviamente, mi aggrego, perché ok la stanchezza ma qualcosa bisogna anche mangiare.

Menù del pellegrino in perfetto stile Cammino, cosa puoi volere di più dalla vita se non una semplicità che a tratti sfiora la povertà, ma che ti rendi conto essere puramente materiale mentre nello spirito si tratta di valori inestimabili condivisi a piene mani con la dignità propria soltanto di chi ha poco ma quel poco lo distribuisce generosamente perché tutti ne possano rallegrarsi?!

Meno uno alla méta, domani sarà Santiago …
 
Ultima modifica:
Vero che quando incroci il Frances, venendo da un qualsiasi Cammino meno affollato, ti pare di essere un alieno appena atterrato sul pianeta Terra?
L'ho provato arrivando dal Camino Catalan/ del Ebro: in 600 km, visti soltanto due pellegrini (peraltro uno di essi "dominguero") ; entro nell'albergue di Logroño e mi trovo sovrastato da un numero esagerato di viandanti intenti alle faccende post-tappa!

Primo Pensiero: "... zzo ci faccio io qui/ ...zzo ci fa qui tutta questa pletora di gente?"
Secondo Pensiero: "Che belli che siete, fratelli e sorelle di Cammino! Finalmente vi trovo: vorrei abbracciarvi tutti/e! (specialmente le sorelle)"


La mente si dondola tra questi due estremi anche il giorno successivo, quando le tue orme si mischiano e si sovrappongono ad una miriade di altre orme; fino a ieri vedevo solo le mie, quelle dei coniglietti selvatici e delle ruote gigantesche dei trattori!
Poi ti abitui e passi ad altre considerazioni.

Però dici bene, Roby: l'energia che ti trasmette il Frances, non è minimamente paragonabile a quella che si percepisce in qualsiasi altro percorso, isn't it?
 
quasi fosse ormai la solitudine diventata una seconda natura.


ecco esattamente !!!!
e fatico a staccarmici anche nell'ora quotidiano


la solitudine è diventata una parte inseparabile di me che, come l'ombra di Peter Pan, mi segue ovunque. Io l'ho assorbita, elevandola da desiderio, prima di partire, a necessità, compagna di viaggio, madre, amica, sorella. Ti ci puoi appoggiare tanto è materiale, ci puoi scivolare dentro nei momenti cupi, farti spingere in quelli di esaltazione, lei assorbe tutto, conserva tutto, restituisce tutto, inclusa quell'immagine di te stesso che lei ti ha aiutato a depurare, pulire e distillare negli interminabili chilometri in cui ti sparava contro le tue contraddizioni”.

my god che parole ….. queste le stampo

quando sul Primitivo c’era energia personale, individuale, ricerca di risorse nel proprio intimo.

mai avrei saputo spiegar meglio il "Primitivo"
quindi è tutta colpa sua la mia attuale dimensione che perdura da 3 anni? :-o

Nick, lasciato a Sant’Eulalia e arrivato qui con la variante di Sobrado, che mi racconta come tutta l’acqua che ho preso io ieri loro l’hanno subita in mezzo ai boschi, su sentieri non segnati, senza o con pochissimi segnali. Sembra stanco ma al contempo felice e soddisfatto,
anche io l'ho fatta ( e non son sceso poi ad Arzuà ma tirato dritto per ancora qualche km di solitudine) e anche io ho preso una secchiata, che dico una camionata, che dico una cisterna DA 100.000LT di acqua in quei boschi ….. però che bello !!!!


quando incroci il Frances, venendo da un qualsiasi Cammino meno affollato, ti pare di essere un alieno appena atterrato sul pianeta Terra?
mi sa che mi tocca fare il Francese al più presto, e per sentire questa fantomatica energia ( che forse ho sentito solo tre Muxia e Finisterre) e per rimettere i piedi a terra, perchè sono tutt'ora ancora sul pianeta solitario con la volpe la rosa e quel bastardo di serpente

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Grazie Robi Grazie Raùl
è bello leggere così chiaramente la descrizione di miei pensieri personali ma che faticano ad essere espressi
 

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