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giro capre - orobie 2023

guido_e_cri

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prologo uno - excusatio non petita

perchè scrivo qui sul forum?
per egoismo.
perchè questa pagina internet mi è ancora casa.
perchè del nonno quest'estate non scriverò.
perchè lia ha scritto delle righe in un messaggio whatsapp, e mi è venuta voglia di scrivere anche io, ma whatsapp mi sta stretto.
perchè ogni tanto in treno entro qui dentro e vado a rileggermi miei passi andati, e un giorno lontano troverò anche questi, e rileggerò, e camminerò di nuovo questi passi e sarà bello.
perchè se non mi metto a scrivere pubblica, sicuro che di questi giro non scrivo - giorni, orizzonti e paesaggi smangiati via da altri giorni, orizzonti paesaggi.
perchè qualcuno ha visto altrove le foto e queste saranno una sorta di didascalia più o meno lunga.
perchè qualcuno mi ha detto: "poi mi dirai che giro avete fatto. sono curiosa".
perchè qualcun altro mi ha detto: "non ho neanche capito dove sei stata, ma ho capito che stavi bene, ed eri felice".
perchè stavo bene davvero, ed ero felice davvero, e per 5 giorni ho avuto addosso il sorriso giusto, quello del cammino [e quindi se uno ha addosso il sorriso da cammino forse allora può scrivere qui].
perchè voglio fare un regalo a Vittoria , che ama la montagna e le piace leggermi [però non far bruciare niente, stavolta, mi raccomando].
perchè voglio fare un regalo a liam , che forse non mi lascerà più organizzare niente [neanche un giro in piazza duomo, direi] ma è stato bellissimo lo stesso e anche potendo non avrei cambiato nulla di nessuna virgola.

prologo due - cambio regionale

eravamo state brave.
lia e io eravamo state brave.
avevamo fatto tutto.
ma proprio tutto.

la schiena appoggiata al muro durante la polentata.
la cartina aperta.
le dita a seguire tracce.
i sogni lunghi mesi.
le mail ai rifugi.
anche le prenotazioni.
un pizzino scritto a matina su un foglio di brutta con la mia calligrafia veloce e disordinata.
il gelato propiziatorio.

dovevamo andare in piemonte.
dovevamo andare a fare il giro dell'ambin.
dovevamo dormire una notte in un bivacco.

ma poi.
poi alla fine c'era troppa neve.
l'ha vista lia durante una gita di sopralluogo, uno scarpone che era sempre stato comodo a molestare all'improvviso una caviglia.
l'aveva detto un rifugista.
un altro aveva parlato di "crampons" e aveva infilato nella stessa frase l'espressione "votre sécurité".
troppo.
decisamente troppo per noi.

lunedì scorso abbiamo deciso al volo di rinunciare al piemonte.
martedì abbiamo disdetto il piemonte.

lunedì sera ho detto a lia: "ripieghiamo sulle orobie".
l'ultima volta le avevo fatte a 20 anni.
ci avevamo portato i ragazzi dell'oratorio, per cui non potevano essere difficili.
alcune zone le conoscevo bene, altre le conoscevo comunque.
erano quella roba pronta a sbattimento zero [e Dio solo sa quanto all'inizio di settimana scorsa mi servisse una roba pronta, a sbattimento zero].
erano belle.
era bellissima una tappa che per certo avremmo fatto.
non serviva studiare.
non serviva leggere descrittivi.
non serviva niente se non un giro di telefonate per prenotare.
martedì sera - mai stata così efficiente per organizzare una vacanza - avevamo prenotato i rifugi delle orobie.



prologo tre - lo zaino

mentre su una chat qualcuno già meditava sullo zaino che servirà in un weekend di fine luglio, io non avevo ancora fatto il mio zaino.
l'ho fatto intorno alle 23.00 di sera.
alla fine alla partenza mancano più di sette ore.
comunque sia messo agli atti che non mi mancava niente.
 
Ultima modifica:
giro delle Orobie - giorno uno
[venerdì 30 giugno 2023]

da valgoglio (930 metri) al rifugio laghi gemelli (1968 metri) attraverso il passo della val sanguigno (2306 metri)

decidere di fare la val sanguigno, che di tutti i percorsi che arrivano al gemelli, per certo è il più lungo.
deciderlo a prescindere dai consigli di D., del brutto tempo previsto, della pioggia incombente.
deciderlo solo perchè quella valle l'avevo camminata un'unica volta quindici anni fa, e mi era piaciuta moltissimo.
mi era piaciuto moltissimo il suo essere selvaggia, isolata, fuori dalla rotte usuali.
mi erano piaciute moltissimo le rocce ferrose oltre i boschi e dopo i pascoli.
mi era piaciuto moltissimo il contrasto di quella pietra rossiccia contro quel cielo terso di azzurro cobalto.

arrivare a valgoglio.
mollare la macchina dove non si paga il parcheggio.
togliere i sandali.
infilarsi gli scarponi.
indossare la giacca.
mettere lo zaino.

andare.

la diga dell'enel.
"sentiero ripido o sentiero normale?".
sentiero normale.
il rifugio gianpace.
perdere il sentiero.
riattraversare il fiume.
salire in mezzo ai pascoli.
l'erba alta.
l'erba alta fradicia.
i pantaloni fradici fino a metà coscia.
le calze fradice.
l'acqua che si infila dentro i piedi.
gli scarponi fradici.
lo sciacquettare di acqua, calza, scarpe [probabilmente ci sono anche delle rane, nei nostri scarponi].
la prima spuzzata di pioggia.
il nostro cercare riparo sotto il tetto di una provvidenziale baita ["perchè cerchiamo di ripararci sotto il tetto, che siamo già fradice?"].
la nebbia che scende.
le nuvole dentreo cui siamo immerse.
il grigio che avvolge ogni panorama.
il nulla che si vede.
è come camminare dentro un blocco di cotone sporco.

iniziare a salire serie.
quello che pensavamo fosse il passo.
il telefono di lia che dice che no, che quello non è il passo.
azz.
prenderla tutto sommato bene.
mangiare una barretta avena e cioccolato.
continuare a salire.
intravvedere un passaggio attraverso un ruscello.
arrivare al passo.
stavolta sì.
arrivare al passo.

al passo inizia a piovere.
ma noi - pioggerellina, e sudore dentro la giacca e dentro le orecchie, e erba che ci ha lavato tutto quello che poteva lavarci - decidiamo che fermarsi per mettere la mantella ormai è inutile.

andiamo così.
fradice e spensierate.
iniziamo a scendere.
il lago è lì in basso.
ci perdiamo.
tra erba alta, cappuccio calato sugli occhi, sguardo basso non è che fosse poi così improbabile.
pozze.
rododendri.
andare avanti.
tornare indietro.
di lì non si passa.
di qui sì.

finalmente arrivare.
il gemelli.
ci ho lavorato 4 estati.
ci ho lavorato dal 2004 al 2007.
per due anni sono restata su due mesi e mezzo filati, praticamente senza mai scendere.
ho lasciato ì varie cose, sopratutto una vecchia me e parecchio cuore.
per anni non ci ero più tornata.
poi invece sì, era venuto il momento.

oggi torno.
oggi varco di nuovo quella porta.

aspettare il mauri.
bagnare il legno dell'ingresso.
lasciare gli scarponi davanti alla porta.
disseminare vestiti fradici un po' dove capita.
oltrepassare un cane vecchio.
fare le coccole ad un cane nuovo [gli occhi che ha questo cane].
aspattare che arrivi il rifugista.
iniziare a battare i denti.
battere i denti.
battere i denti.
battere i denti.

la stanza tre [peccato che la uno sia già occupata].
la doccia calda [e anche mentre aspetto che arrivi l'acqua calda ho così freddo che anche l'acqua fredda tutto sommato mi pare tiepida].
i panni stesi sui fili nel corridoio del secondo piano.
i vestiti dentro la lavatrice.
i vestiti dentro l'asciugatrice [l'asciugatrice al gemelli, questa sì che è una novità].

il thè caldo invece dello spritz.
e c'è chi non mi riconosce quasi.
il pomeriggio nella sala comune.
le parole e i ricordi.
il bene e l'affetto.
l'attesa e lo stare.

gli gnocchi alla farina di mais bianco ed il burro dentro cui sono annegati.
il filetto di maiale glassato al vino rosso.
l'insalata con anche pomodori e carote [e l'insalata al gemelli quando c'ero io non si era vista mai].

i due pavesi che faranno le nostre stesse tappe.
il loro fare i pavoni che fanno la ruota.
"ho fatto questa cima, e anche quest'altra, e anche quest'altra ancora".
io sto zitta e guardo e scruto.
quello che doveva andare al calvi, ma poi ha fatto la telefonata di lavoro, ma poi stava salendo e invece e sceso e comunque a buoni conti alla fine è arrivato qui ["ma cosa vuoi farci, cri. quello è uno che ha bisogno di raccontare" - c'è gente di montagna che legge l'animo umano meglio di chi ha studiato parecchio di più].

entrare in cucina a recuperare la cesta dei nostri panni puliti ed asciutti.
due ragazzi stanno lavando il pavimento.
pochi metri di piastrelle e possono chiudere la cucina.
torno indietro di vent'anni.

un ultimo cambio giornali dentro i nostri scarponi.
le scale dove gli anni hanno portato via la passatoia.
appena tocco il cuscino, crollo di sonno.
 
Ultima modifica:
giro delle Orobie - giorno due
[sabato 1 luglio 2023]

dal rifugio laghi gemelli al rifugio calvi (1968 metri) attraverso il passo di aviasco (2300 metri)

i voli di elicottero.
l'operatore lasciato lì.
il vento addosso che quasi mi porta via.
il fermeto dei rifugisti.
il sacco scaricato.
il sacco aperto e smistato.
"questo alla due, questo nel cassone davanti alla mia camera, questo nella seconda cantina, questo in cella, piano con questa scatola che sono uova".
il mauri a dare direttive.
si ride e si scherza e si è una grande famiglia e ci si vuole bene, ma quando c'è da lavorare, si lavora.

il mauri dietro il bancone del bar.
"esci da lì dietro che ti abbraccio forte".
"non ci penso neanche".
lia dice: "esattamente quello che avrei detto io".
ma poi lui esce.
e io l'abbraccio.
e si sta bene.

becco o non becco [che è la cima vicino al rifugio, ore e ore di lavandino a lavare migliaia di piatti sempre con quello spettacolo davanti agli occhi, e mai lavaggio di piatti fu più bello]
becco.
l'ho fatto a vent'anni.
l'ho rifatto un paio d'anni fa con ale.
secondo me ce la fa anche lia.
e infatti ce la farà.

il lago dalla diga.
il lago colombo.
i passi a salire.
il bastione di pietra che incombe.
io che so più o meno da dove passa il sentiero.
lia che dice: "a me pare impossibile passare di lì".

e invece passiamo.
qualche tiro di catena.
scrutare la pietra.
scegliere dove mettere i piedi.
chiedersi se ai miei figli verrebbe più naturale.
tenersi forte con le mani.
uno zaino che passa di spalla.
un fazzoletto che scivola da una tasca, ma pazienza, che stia lì.
le nuvole che vanno e vengono e vanno e vengono.
la bocchetta ai piedi della cima.
la decisione "niente cima".

il pezzo dietro al becco.
che è un posto nel mondo che amo e che amo moltissimo.
è così fuori dal mondo.
è così dentro l'universo.
pietra, cielo, omini e laghetti, pace e silenzio, passi e percorsi.
a me non pare ci sia niente di più bello.

perdere quota per poi doverla riprendere.
il volo che faccio.
sarà il primo di tanti.
picchio il gomito sinistro.
ancora oggi che scrivo ho un livido multicolor tutto attorno.

il passo d'aviasco.
il pane con le noci estratto dallo zaino.
la torta della montagna.
i cartelli dei sentieri.
"e se passassimo dalla baita del cernello?"
la cartina studiata.
le quote ed i dislivelli.
allungheremmo di tre ore.
no.
non si può.
non si può perchè rischieremmo di non farcela, o di stremarci, o di prederci acqua da queste nuvole che rombano in cielo.
a volte siamo sagge.

la valle dei frati che porta alla memoria neve e ciaspole.
la valle dei frati che porta alla memoria passi fatti per andare a pranzo dai vicini di casa.
il lago in fondo alla valle dei frati.
il colore che ha.

la discesa che come al solito annoia.
una risalita che annoia anche lei.
la casa dei guardiani delle dighe dove mille anni fa avevo dormito una notte in mansarda.
il lago di fregabolgia vuoto [lavori o siccità? lavori].
finalmente il calvi.

il sabato pomeriggio in un rifugio facilmente accessibile da valle.
i milanesi o chi per loro.
il gruppo di nordici [danesi? olandesi? scandinavi?].
il gruppo cai che pare il gruppo gite piemonte [e non me ne vogliano i piemontesi]
il people watching.
una birra e gazzosa in un bicchiere con il logo.
e chi non mi riconosceva davanti al thè, adesso mi riconosce di più.
lavarsi con l'acqua fredda in equilibrio precario addosso ad un lavandino.
["lascialo pure lì quel piede" "l'ipotesi di tirarlo giù, con tutta la fatica che ho fatto per issarlo fino a qui, a dire la verità non l'avevo neanche presa in considerazione"].

i due camparini.
e se non l'avessi scritta per un'amica, sarebbe finita così, con queste sole tre parole.
ma visto che l'ho scritta per un'amica, la copio qui.

allora.
il primo rifugio in cui abbiamo dormito è quello in cui ho lavorato 4 estati dal 2004 al 2007, c'è ancora lo stesso rifugista mauri e siamo amici.
sabato mattina, quando stiamo per partire per il secondo rifugio [il calvi] mi dice: "ti devo dare due cose da portare al calvi. dalle alla rifugista".
io pensavo fosse qualcosa di importante.
invece arriva con due bottigliette di campari.
gli dico: "ma stai scherzando? perché dovrei caricarmi sulle spalle una cosa tanto inutile e portarla per 5 ore in giro in montagna per farla arrivare al calvi. anche la rifugista del calvi avrà del campari".
il mauri mi dice: "non fare storie e infila ste bottigliette nello zaino".
alla fine obbedisco.
quando arrivo al calvi, dico alla rifugista: "ho quo due campari che il mauri mi ha dato da portarti. mi pare poco utile, ma sono qui".
mi dice: "sono per voi. il mauri vi ha offerto l'aperitivo nel nostro rifugio. vuoi anche il ghiaccio?".
è stato bellissimo.

due passi in infradito verso il laghetto.
le calze che rischiano di bagnarsi [come se ieri non avessimo preso acqua abbastanza].
il sedere appoggiato su un pietrone.
una telefonata a casa.

la troppa gente in quella sala.
la cena con molto rumore.
un risotto con del rosmarino che gli da un twist giustissimo.

due passi dopo cena.
la tavola delle montagne.
delle candeline accese davanti alla porta del rifugio per fare ambient.
la grappa che verosimilmente scorrerà a fiumi.

noi a letto.
siamo stanche.
sopratutto.
siamo gente da rifugio che è rifugio, non pub a duemila metri.
che non è che sia il male in assoluto, semplicemente non è il mio, mi viene da dire non è il nostro.


ps.: ah.
mi è venuta una vescica sul tallone destro.
ieri - scarpe fradice, calze fradice, pelle fradicia - non mi è venuta.
e oggi sì.
com'è possibile?
come?
 
Ultima modifica:
Questa mi sembra ancora più avventurosa delle precedenti e, conoscendovi, sento già l'asma, la tachicardia e la testa che gira.
Pazze cugine capre!
 
giro delle Orobie - giorno tre
[domenica 2 luglio 2023]

dal rifugio calvi (1968 metri) al rifugio brunone (2297 metri) attraverso il passo di valsecca (2496 metri)

a colazione gli altri hanno tovagliette e tovaglioli.
noi no.
li abbiamo cercati senza successo.
ma abbiamo trovato fette biscottaste, marmellata, nutella, una tazza di thè caldo.
ma che ci importa di tovagliette e tovaglili.
che importa a noi donne diversamente elegant di queste finezze.

infiliamo gli scarponi sotto un cielo terso che da quando siamo partite venerdì è la prima volta che è così limpido.
non pare neanche il caso di farla, la domanda "reggerà?".
ma in montagna va fatta.
reggerà?
[spoiler: no].

al laghetto sotto al rifugio dove siamo arrivate in infradito ieri, ci siamo già perse e ci tocca tornare a riprendere sentieri e vernice.
al laghetto sotto al rifugio da cui ancora si vede benissimo la struttura che stiamo lasciando, già mi fa malissimo la vescica.
ma come faccio oggi?
ma come ci arrivo a sera?

saliamo.
dò io il passo.
e dare il passo alla donna che da sempre dà i passi migliori in montagna è una responsabilitàù e un privilegio.
"vuoi passare'"
"no, no. vai tu".
"sei sicura?"
"assolutamente".
vado.
andiamo.

in piedi in mezzo ad un torrente, aspettiamo che ci superino tre ragazzi.
due magliette gialle belli veloci ma umani, una maglietta bianca che ha tratti inumani per come sale correndo.
li guardiamo incantati.
non dico come loro, certo un po' meglio di come saliamo noi non sarebbe male.
avere ancora un po' di polmone in più, un po' di muscolo in più, un po' di forza in più, un po' di resistenza in più.
oltre ci sono i due pavoni pavesi.
loro sono alla nostra portata.
guardiamo loro.
e sappiamo cosa aspetta noi.
però poi noi ci arriviamo con un briciolo di eleganza in più.

c'è una valle ai piedi del colle di valsecca che mi incanta.
sassi e nulla, aridità ed esotismo.
mi pare sia una valle che arrivi da posti lontani.
in fondo un ponticello che abbiamo attraversato poco fa.
eppure guarda quanta strada abbiamo già camminato.
sopra di noi lingue di neve ci attendono allo svalicare.

svalicare.
e di qui è giugno inoltrato.
e di là è ottobre.
di qui cielo azzurro.
di là nuvole basse e nebbia che sale dalla valle.
stambecchi controluce.
un cengia in mezzo al vuoto.
il bivacco frattini che brilla rosso tra nuvole e pendii.
un verde crocchiante tranuvole e erba di quota che subito mi suscità perù.
alle nostre spalle il diavolo ed il diavolino, forme perfette e profili maestosi.

all'improvviso l'arco montano apero davanti al nostro sguardo.
scruto.
per certo si deve vedere.
eccolo.
eccolo lì, il brunone.
eccola lì la nostra meta di oggi.
pare lontanissimo.
è lontanissimo.
sarà lontanissimo.

del brunone in effetti mi ricordavo quest'unica cosa: "da qualunque parte lo prendi, non arriva mai. mai. mai".
ricordo confermato, indubbiamente confermato.

mi accovaccio a fotografare rododendri.
sono stremata.
mi siedo per terra.
arriva lia.
le dico: "mi sta venendo un po' di sconforto. hai idea di dove sia la macedonia?".
c'è un attimo di confusione geografica e di confusione lessicale.
ma poi eccola, la macedonia di frutta disidrata.
pere, albicocche, mele e frutti rossi.
gli zuccheri facili aiutano a far passare lo sconforto.
grinta e tigna.
a questo punto non serve altro.

il brunone.
arriviamo che sono le 14.30.
togliamo zaini e scarponi ed entriamo.
i rifugisti a tavola stanno pranzando.
"avete bisogno di qualcosa?".
"senza fretta, quando avete finito di mangiare, se potete farci due panini al formaggio, per favore".
"devo già fare due piatti di pizzoccheri per quei ragazzi lì. ne volete anche voi?".
wow.
pizzoccheri siano.

poi sarà un pomeriggio di nebbia, di nulla, di ibri sfogliati, di ricordi [quella volta che salimmo la f. e io, la portiera della duna aperta mentre fuori diluviava, noi salite per 1500 metri di dislivello sotto quel diluviare, il rifugista di allora che ci sgridò "non si va in montagna così", noi che avevamo la spavalderia dei vent'anni e un freddo che mai più come allora, il pomeriggio nei letti avvolte nelle coperte cercando di smettere di tremare, il minestrone schietto e sincero che ci scaldò le budella e il cuore, quella sera, e quel minestrone che da allora se devo dire uno dei tre pranzi storici della mia vita un posto è suo], di rifugista, di racconti, di parole, di idee di montagna e di idee di rifugio, di follie e di ribellioni.

nel rifugio lavora una giovane ragazza.
la abita un piercing al naso e un sorriso che coinvolge.
le sue gambe non depilate sono un manifesto politico.
studia antropologia culturale a bologna.
la immagino in qualche collettivo femministra a voler cambiare il mondo.
e voglio sognare che una generazione che sa portare con tanta sicurezza, tanta serenità, tanta forza, tanta noncuranza, tanta coscienza delle gambe così forse davvero un po' il mondo lo cambierà, più di quello che sono stata capace di fare io, più di quello che è stata capace di fare la nostra generazione.
sua la frase che diventerà un mai più senza per descrivere certe salite: "un passo, una bestemmia".
indubbiamente preciso e dritto al punto.

nel rifugio lavora anche un ragazzino parecchio giovane.
scopriremo che ha 18 anni.
è schivo e solitario.
sui capelli biondo platino ha disegnato cuori rossi.
quando racconta che suo papà fa i trekking in montagna gli brillano gli occhi di una felicià pulita e luccicante e il sorriso gli si apre in un sorriso ampio e disarmante.
[tra cinque anni ale sarà così grande, così fatto, così bello?]

un risotto peposissimo.
un padellino con polenta, uova e speck.
la ragazza in cucina che spiega che le padelle in cui sono state cotte le uova vanno lavate in un certo modo [e mi pare che le padelle delle uova ricevano più cure di quante non ne riservi io alle preziosità umane della mia vita], che il rifugista non si innervosisce mai, ma sul lavaggio delle padelle delle sue uova non transige.

due passi sul piazzale.
accanto alla porta, attaccata con lo scotch, la locandina del "brunone sherpa vertical" che è una follia bella e buona, ma vivaddio c'è chi sparge semi di follia dentro il mondo, e lo fa ridendo, e lo fa divertendosi, e lo fa coinvolgendo , e lo fa senza paura.
un varco di cielo all'improvviso aperto tra la valle sottostante e le cime attorno.
delle nuvole rosa.
lontano e anche lontanissimo il passo di valsecca che abbiamo svalicato stamattina.
 
Ultima modifica:
giro delle Orobie - giorno quattro
[lunedì 3 luglio 2023]

dal rifugio brunone (2297 metri) al rifugio coca (1891 metri) attraverso ol simal (2712 metri)

questa tappa è facile da scrivere.
e anche veloce.

questa tappa è bellezza.
punto.
questa tappa è montagna.
punto.
questa tappa è bellezza e montagna per come la intendo io.
punto.

pietre.
sassi.
rocce.
cime.
profili duri, faticosi, frastagliati, aguzzi, aspri.
natura primigenia, selvaggia, incontaminata.
blu e grigi a scontrarsi.

il nulla.
il tutto.
il niente.
l'assoluto.
la terra.
il cielo.
l'immensità.
la potenza.
la fragilità.
la minuscolosità [qual'è il contrario di immensità?].
l'uomo.
l'universo.
la neve.
il sudore.
la fatica.
la bellezza.
il salire.
lo scendere.
la forza.
la leggerezza.
la potenza.
la grazia.
l'equilibrio.
il baratro.
l'arrancare.
l'andare oltre i propri limiti.
il vincere i propri limiti.
il trovarsi oltre i propri limiti.
lo scoprirsi.
il conoscersi.
il bearsi.
lo stupore.
la meraviglia.

"ma quanto è bello? quanto?".

gli occhi a brillare.
il sorriso a splendere.

[poi ecco.
magari di questa tappa facciamo scrivere anche a lia].


per il resto abbiamo.
una risalita di ghiaione [sali un passo, scivoli giù un metro].
delle catene.
parecchie catene.
molte catene.
troppe catene.
dei passi a marcia indietro.
le mani rosse di ruggine.
dei nevai attraversati.
dei ghiaioni tagliati.
dei canaloni discesi.
degli sfasciumi da assecondare.
dei gradini che secondo me avrebbero dovuto esserci ma non ci sono mai.
la fatica dei due pavoni pavesi [che già ieri a fine tappa hanno detto: "da suicidio" e oggi arrancano e strisciano e tremano ben più di noi, che magari è anche l'età, ma se magari eviti di farti bello delle tue conquiste ["io il gran paradiso l'ho fatto in solitaria], poi quando cadi il tonfo fa meno male].
i fiori caparbi tra le rocce.
il materiale inerte ma norvegese che riempie la pancia.
quello che corre veloce ma trova il tempo di fermarsi a scambiare due parole con noi.
un piccolo di stambecco [e adesso appena finisco di scrivere voglio studiare amori e gestazione degli stambecchi che alla fine la vera verità è che delle loro tempistiche riproduttive non mi è chiaro niente].
il laghetto di coca dall'alto e il colore blu petrolio che ha.
i rododendri a contrasto.
il circo di cime orobiche che si dovrebbe vedere ma non si vede niente.
la vallata a scendere e il pensiero a quella vallata magica sotto al nacamuli.
lo scarpone che all'improvviso mi fa male [ma perchè che fino ad un attimo fa non mi facevi mali?].

al rifugio.
sta lì sullo sperone, appollaiato come di vedetta.
la valle ai suoi piedi.
e quando dico ai suoi piedi, si intenda alla lettera.
guardi in mezzo ai tuoi piedi e vedi l'attacco del sentuiero, solo mille metri più in basso.
sarà da ridere domani.
degli stambecchi davanti all'inceneritore.
cozzano le corna ed è un suono che ho dentro la mia memoria auricolare da chissà quando.

del rifugio abbiamo.
il cane giotto.
un panino formaggio e salame.
una foto bellissima di lia, del cane giotto e del panino formaggio e salame [ma caso mai la pubblichi tu, liam . non mi permetterei mai di farlo io].
una weiss che riconcilia con il mondo.
una seconda weiss perchè la riconciliazione con il mondo è una pratica che va eseguita spesso.
la ragazza che lavora al rifugio con due rasta che le scendono sulla schiena che ci chiede come ci siamo conosciute lia e io e poi è curiosa di santiago, lei che ha già camminato la francigena, l'alta via dei monti liguri, la via degli dei e non so che altro.
la ragazza che è stata al lago d'avert e ha nelle gambe 1800 metri di dislivello fatti in giornata.
il ragazzo che voleva fare il pizzo coca ma ha rinunciato.
i figli del rifugista [e io mi chiedo che altra vita avrei potuto avere se...]
le chiacchiere sul piazzale come se fossimo in un albergue.
il terzo risotto in tre giorni, e questo crocchia di noci.
una crostata ai lamponi con una frolla burrosissima spolverata di zucchero a velo
il letto più scomodo di tutte le orobie.
 
giro delle Orobie - giorno cinque
[martedì 4 luglio 2023]

dal rifugio coca (1891 metri) a valbondione (900 metri)

fino a qui era tutto organizzato.
le tappe decise, i rifugi prenotati, le incertezze nulle.

oggi, invece.
oggi invece abbiamo davanti varie possibilità

* dormire fuori un'altra notte al rifugio del barbellino
* fare un giro lungo primo prima di scendere a valle [passando dal curò]
* fare un giro lunghissimo e folle [ma lunghissimo davvero, e quindi folle davvero] prima di scendere a valle [passando dal curò e anche dal barbellino]
* scendere a valle subito

alla fine l'ultima.
siamo stanche.
il tempo è incerto già di prima mattina.
la nebbia quando c'è, è densa e anche densissima [resto un mistero e un esercizio di immensa perizia umana la capacità che ha avuto l'elicotterista a fare l'ultimo volo in mezzo ad un bianco così - navigano a vista e no, non si vedeva niente].
va bene fare fatica, ma fare una fatica oggi quasi inutile per il quinto giorno di fila ci pare troppo.

lasciamo stare tutto.
ci concediamo una risalita al laghetto blu petrolio.
ci sediamo lì, dentro una finestra di incredibile cielo azzurro che ci regala bellezza e stupore.
stiamo lì, per la prima volta in questi giorni a non fare nulla.
non correre.
non andare.
non essere ragionevoli.
non sfuggire alle nuvole.
non anticpiare piogge.
stiamo lì e stiamo bene.
parliamo di tante cose.
anche morte, che però è sempre anche un parlare di vita.
e viene detta quella frase "aggiungere vita ai giorni e non giorni alla vita" che sarà anche una frase fatta, ma quanta, quanta immensa verità, che ha dentro.
poi quando tornano le nuvole e quando torna il freddo, scendiamo.
scendiamo prima al rifugio [ed è facile e bello] e poi a valle [ed è un'agonia noiosa ed eterna, mille metri di discesa giù in picchiata che non mollano mai].

poi sono piedi pucciati nel serio.
e contando che c'è qualcuno che ha le balle a mollo nel fondo antico di cremona i piedi nel serio sono tanta, tanta roba.
poi sono cose alimentari sgranocchiate sedute sui sassi lungo il fiume.
poi sono i scarponi rimessi, che è sempre un'operazione traumatica ma la portiamo a casa in scioltezza.


poi.
poi è la ricerca di un autostop.
il mitico qubo a metano è a venti chilometri da qui.
e di autobus diretti non ce ne sono certo.
chissà se ci sono autobus non diretti.
e però gli orari non li ha guardati nessuno.
e quando anche li guardiamo, stiamo aspettando l'autobus nel posto sbagliato e infatti ci passa sotto al naso appena oltre l'incrocio.
e certo che le sapevo, tutte queste cose.
e in messaggio del tutto rassicurante le avevo anche dette a lia, che però si era fidata della mia sicurezza.
"per certo troveremo un passaggio, lia".
"per certo".

dito fuori ed autostop.
ormai è una tradizione.
il postino gentile ma inutile.
il furgoncino della bofrost che è l'unico a cui non chiediamo passaggi.
e poi lui, il mitico muratore bergamasco.

ci porta a destinazione, allungando la sua strada di una ventina di chilometri, scodellandoci in piazza, a dieci metri dal qubo.
eterna gratitudine [neanche il caffè sono riuscita ad offrigli].
scriverò: "la proverbiale faccia da culo della sottoscritta si conferma".
scriveranno: "Non poteva finire senza autostop".
e anche: "la tua proverbiale faccia da culo è una cosa su cui si può sempre contare".


poi è scendere la valle in macchina.
deviare per rovetta.
andare a cercare quella gelateria che sapevo dove la granita la fanno con la mente fresca.
alla fine prendere un gelato [ma in tinta con la maglietta, cosa che è un colpo di una certa classe e di una certa eleganza].
scendere su bergamo.
scendere su rovato.
sbadigliare in macchina.
avere sonno.
avere molto sonno.
lasciare lia in stazione.


poi saranno coppette di gelato alla crema per i maschi, sedie in giardino, racconti dalle lontananze, la doccia con la spugna a grattare, "mamma, vieni a fare un giro in bici con me?", andare a fare un giro in bici con lui [e se non è amore materno questo, non so cosa lo possa essere], stare seduta al parco, magiare la pizza, mangiare un altro gelato - ma tutto questo è un'altra storia.

poi.
poi è finita.
come sempre.
come tutto.

la roba bella?
abbiamo già pronto il giro dell'anno prossimo.
l'ambin ci aspetta, bello pronto.
ma molti passi e molti monti e molti altri giorni di vacanza dalla vita ci aspettano.
ed è una prospettiva morbida e consolante.

grazie, lia - sempre un piacere [non so se dici proprio uguale-uguale dopo la tappa brunone-coca, ma va beh :imbarazzo:]
grazie a chi leggerà - sempre di non stufare.

cri
 
Ultima modifica:
Per ora grazie
(facciamo un grazie cumulativo, se no diventa lungo suddividere)
Per ora faccio un copiaIncolla di alcune frasi scritte a caldo, che è facile e veloce.
Poi cercherò qualche foto, poi forse qualche altra frase a caso.

Piccolo riassunto del giro delle Orobie Orientali la mattina dopo:
- doccia calda, lavatrice, asciugatrice (in cui è stato messo tutto quello che avevamo addosso perché fradicio, niente escluso). Il tutto non dovuto.
- cri che si fa 2 volte la ferrata del Becco per portare su anche il mio zaino (era già tanto se riuscivo a tirare su me stessa, me stessa e lo zaino era oltre)
- i miei dubbi sul significato della parola macedonia
- sbucando dall'ennesimo passo, appesa all'ennesima catena, dico: "sono un po' stanca"
- laghi che appaiono e scompaiono, cime che appaiono e scompaiono, elicotteri che appaiono e scompaiono
Ma anche: strambecchi, laghetti, pietre, pareti, catene, cime, rifugi, rifugisti, mettersi alla prova, chiacchiere, risate, cani, cibo...
Insomma, bello bello
(ci fosse solo stato un cielo un po' più azzurro, ma va bene anche così)
 
Ultima modifica:
da valgoglio (930 metri) al rifugio laghi gemelli (1968 metri) attraverso il passo della val sanguigno (2306 metri)

che già a vedere i dislivelli mi viene la vertigine

fradice e spensierate.
che già questo status al massimo lo raggiungo dopo due settimane di cammino , ma il primo giorno di cammino già cosi mi abbatterebbe come un salice centenario nel deserto. Che poi battere i denti, tutto fradicio bagnato scarponi ecc, ed è solo il primo giorno. Io avrei già rinunciato

ma tu
tu no
tu nel mezzo di una nuvola bassa hai negli occhi la pietra rossiccia contro quel cielo terso di azzurro cobalto.
E chi ti ferma a te già di tuo !!! Se poi con Liam ciaone

e poi
e poi esser già li di pomeriggio in salone, cioè due caprioli


cmq
gente di montagna che legge l'animo umano meglio di chi ha studiato parecchio di più
ma anche gente fuori dagli schemi, anime inquiete, che sanno leggere anime umane e questo stupendo mondo

passano gli anni
si diventa vecchi
non si diventa maturi
ma
1688732740565.png
è bello non cambiare la sana pazzia che ci abita dentro.
 
mi dice: "sono per voi. il mauri vi ha offerto l'aperitivo nel nostro rifugio. vuoi anche il ghiaccio?".

dopo 16 anni .... immagino non la tua faccia ma i tuoi pensieri , immagino cosa ti abbia frullato nel cervello davanti al Mauri , davanti a quel modus, a quel vivere un tempo.
Direi top
che poi cos'è un Cammino se non quello di mordere la fatica mentre il cervello lavora ?

top
 
dare il passo alla donna che da sempre dà i passi migliori in montagna è una responsabilità
appesa all'ennesima catena, dico: "sono un po' stanca"
incredibile voi due :rofl:
stanchezza e leggerezza
vesciche e leggerezza
pioggia e sole
tutto vissuto in egual maniera
come se nulla potesse cambiare quell'.... "andare"



eppure guarda quanta strada abbiamo già camminato.
spesso capita lungo i cammini di fare ciò, guardarsi indietro
spesso capita anche nella vita , gli anni che passano i figli che crescono le energie che cambiano

solo una cosa è diversa
che nella vita non hai tempo di fermarti e ti rigiri, e continui a correre

invece sul Cammino quei secondi puoi goderteli e puoi prendertene anche un po di più e sorridere orgogliosamente ad un sogno , ad un passato, ad una salita superata, ad un panorama che hai passato. spesso davanti a ciò dico vaffanc... e mi siedo e stò li a guardare lontano , dentro e fuori, per un tempo finito che però decido io.

Anche nella vita bisognerebbe essere sempre cosi
su una cresta del proprio mondo, affaticati e stanchi, ma ogni tanto voltarsi indietro e guardare guardarsi, .... per un tempo indefinito.


Brave capriole
 
Cosa potrei aggiungere a quello scritto da Griffo?

Penso nulla perché lui ha già detto tutto.

Complimenti ragazze, e sentire Lia dire che è stanca è tanta roba...ma proprio tanta.

Bellissime foto tra uno scroscio di pioggia e l'altro.

Dovrei avere anche una foto di voi due alla polentata sedute per terra con davanti la cartina. Ma è sul PC di casa.

Anch'io pensavo che la macedonia fosse in latta e non in busta.

Edo
 
L'incredibile ( e impensabile per me) ha due nomi: Lia e Cri. Wonder woman( si scrive così?)
 
Catene e limiti.
Ho dei limiti.
Ho dei limiti di forza, i muscoli proprio non esistono.
Ho dei limiti di capacità.
Ho dei limiti di età.
Eppure, malgrado la fatica e i limiti, mi sono divertita.
Beh, un po' meno quando con la coordinazione che mi contraddistingue (ecco un altro limite) sono riuscita ad autopestarmi un piede. Ma alla fine non sono neanche finita nel presunto burrone.
Sì, mi sono divertita.
Questa cosa di pensare, di decidere, di scegliere dove mettere i piedi alla fine mi diverte.
Un po' oltre i miei limiti, ma mi diverte.

Poi ci sarebbero i rifugisti.
Personaggi che mi hanno sempre incuriosito.
Soprattutto quelli nei rifugi su in alto, non raggiungibili facilmente.
Però se sono da sola non mi metto di certo a chiacchierare con loro.
E loro non si mettono a chiacchierare con me.
Ma cri è più interessante di me, allora raccontano e io ascolto.
E si scoprono cose interessanti, a volte divertenti, a volte un po' folli.
Comunque grandi tutti, loro e i ragazzi che lavorano.
E nei tutti ci metterei anche quello della val Susa, che sì, ha fatto un po' di casino con email e registrazioni, ma si è preoccupato e ha fatto una serie di telefonate per scoprire che fine avessimo fatto. L'anno prossimo dobbiamo per forza passare anche da lui.

E ancora qualche foto, spero non troppi doppioni.
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e questa è la famosa foto con Giotto, vista l'estrema somiglianza specifico che io sono quella con il paninazzo in mano
 

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